Muos – Depositati oggi denunce, relazioni e memorie

Di Daniela Giuffrida

Grande giornata di lotta oggi per il popolo dei No Muos: se qualcuno pensava che i giochi fossero chiusi, si sbagliava di grosso.

Mentre a Gela si decide la pena da infliggere (sono stati chiesti 8 mesi di reclusione dal pm Gesualda Perspicace) al pacifista Turi Vaccaro, accusato di resistenza a pubblico ufficiale e di lesioni che avrebbe provocato agli agenti di polizia, durante la manifestazione avvenuta nel 2013, contro lo sbarco degli alleati in Sicilia (inutile ricordare che il pacifista è solito “istigare” gli animi alla violenza con il suo flauto); le “Mamme No images59EIUF6MMUOS” di Caltagirone, unitamente al loro difensore Avv. Goffredo D’Antona hanno presentato querela alla Procura della Repubblica di Caltagirone, da inoltrare alla Procura di Palermo, nei confronti dei proff. Luigi Zanforlin e Patrizia Livreri per il reato, qualora configurabile, di falso ideologico in omissione ex art. 483 c.p.

“Al centro della vicenda – riporta la testata on line “L’Urlo” – il parere che i proff. Zanforlin e Livreri presentavano nel marzo del 2011 all’allora Presidente della Regione Siciliana Raffaele Lombardo, parere su carta intestata dell’Università di Palermo, sul rischio per la salute della popolazione di Niscemi ove si affermava che il sistema di trasmissione MUOS situato a Niscemi non comportava condizioni di rischio per la salute dell’uomo; parere al quale sarebbe susseguito protocollo di intesa tra Regione e Ministero della Difesa e tutte le autorizzazioni al sistema MUOS.” Quel parere però sembra omettesse dati e ne presentasse altri diversi da quelli reali, così come emerse durante la seduta congiunta di quarta e sesta commissione dell’ ARS, tenutasi il 5 febbraio 2013.

Ancora oggi, sono stati depositati al CGA per la Regione Siciliana, sia la relazione finale dei CCTTPP che la memoria conclusiva dei legali “No Muos” in vista dell’udienza prevista per il prossimo 25 febbraio.

Nella relazione di 80 pagine dei Consulenti di parte (Eugenio Cottone per Legambiente, Fiorenzo Marinelli per il WWF, Massimo Coraddu per un gruppo di cittadini e attivisti del Coordinamento Regionale dei Comitati No Muos, Alberto Lombardo per il Comune di Gela, Cirino muos ioStrano per il Movimento No Muos Sicilia e Massimo Zucchetti per i comuni di Niscemi e Vittoria) che nella redazione della loro relazione finale si sono avvalsi della collaborazione di altri eminenti studiosi, sono contenute tutte le osservazioni sulla “Relazione Verificazione Impianto Muos” stilata dal Collegio di Verificatori, voluti dal CGARS con la sentenza non definitiva del 3 settembre 2015. Osservazioni “comuni e condivise” dalla totalità degli studiosi i quali, utilizzando ognuno la propria competenza specifica, hanno approfondito e illustrato tutti gli aspetti della questione Muos.

La relazione dei CCTTPP, nei limiti imposti dai tempi brevissimi e da difficoltà oggettive sorte in merito alla Verificazione (non avvenuta come previsto dalla sentenza del 3 settembre), dovrebbe comunque servire a chiarire ulteriori dubbi, qualora ne sussistessero ancora, nei giudici amministrativi.

Infine, dicevamo, è stata depositata anche la “memoria conclusiva” dei legali che difendono in giudizio, “nel nome e per conto” delle Associazioni, dei Movimenti e dei singoli cittadini niscemesi, la causa contro il Muos.

Di seguito il testo integrale della Memoria

ON.LE CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIA IN SEDE GIURISDIZIONALE – PALERMO (Ric. n. 379/2015 R.G. – U.P. 25.02.2016)

MEMORIA AUTORIZZATA

delle Associazioni LEGAMBIENTE, COMITATO REGIONALE SICILIANO OnlusASSOCIAZIONE ITALIANA PER IL WORLD WIDE FUND FOR NATURE (W.W.F. ITALIA) O.N.L.U.S.nonché dei sigg [….], COMUNE DI MODICA, MOVIMENTO NO MUOS SICILIACOMUNE DI GELACOMUNE DI VITTORIA

c o n t r o

  1. MINISTERO DELLA DIFESA; 2. ASSESSORATO DEL TERRITORIO E DELL’AMBIENTE DELLA REGIONE SICILIANA; 3. DIPARTIMENTO DELL’AMBIENTE DELL’ASSESSORATO DEL TERRITORIO E DELL’AMBIENTE DELLA REGIONE SICILIANA; 4. ARPA SICILIA, Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente; 5. DIPARTIMENTO AZIENDA REGIONALE FORESTE DEMANIALI; 6. ASSESSORATO RISORSE AGRICOLE E ALIMENTARI; 7. PRESIDENZA DELLA REGIONE SICILIANA; ognuno in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore.

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Facendo seguito alle eccezioni e deduzioni già sollevate con memoria difensiva del 25.01.2016 – che qui si intendono integralmente richiamate e trascritte portate – gli odierni appellati insistono in tutte le difese ed eccezioni già spiegate ed ampiamente argomentate nei precedenti scritti difensivi ed in particolare, in via preliminare rispetto a qualunque decisione nel merito della vicenda, sottopongono all’attenzione di cotesto on.le C.G.A. le specifiche considerazioni e richieste che seguono:

1) SOSPENSIONE NECESSARIA AI SENSI DEGLI ARTT. 295 C.P.C. E 79 DEL CODICE DEL PROCESSO AMMINISTRATIVO DEL PROCEDIMENTO N. 379/2015.

La sentenza parziale n. 581/15 del 3/9/2015 emessa nel presente Giudizio d’Appello n. 379/2015, è oggetto di un giudizio di revocazione del pendente innanzi al Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana al n. 1009/2015 R.G.. Per tale motivo è stata chiesta la sospensione in attesa della definizione del giudizio di revocazione.

La richiesta di sospensione, meglio motivata nell’apposita istanza depositata l’11 dicembre 2015 e reiterata con la memoria del 29.1.2016, trae fondamento dal fatto che nel giudizio di revocazione sono da giudicare quei capi della Sentenza non definitiva n. 581/2015 che decidono in modo definitivo quattro dei cinque processi riuniti e segnatamente quelli che avevano condotto i giudici di primo grado a ritenere definitivamente annullate le autorizzazioni del giugno 2011.

Conseguentemente, l’eventuale accoglimento del ricorso per revocazione comporterebbe la conferma della sentenza di primo grado senza necessità di dare ulteriore corso al giudizio.

2) In via subordinata, MODIFICA DELLA COMPOSIZIONE DEL COLLEGIO DI VERIFICAZIONE E DEL MANDATO AFFIDATO AI VERIFICATORI STESSI. Anche per questa domanda si rinvia all’apposita istanza depositata il 22.9.2015 nel  corso di giudizio nelle cui motivazioni si insiste.

In particolare, per ciò che attiene alla tutela dell’area SIC Sughereta di Niscemi ed all’obbligatorietà della procedura di VINCA sul sito predetto, è di palmare evidenza che il Collegio di verificazione non abbia alcuna competenza né conoscenza tecnico scientifica per eseguire per lo studio d’incidenza, come richiesto dalla Commissione Europea (v. punto 15 della relazione della Commissione Europea nel procedimento EU PILOT 6730/147ENVI, trasmessa dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri nel marzo 2015 al Ministero dell’Ambiente, prodotta in atti).

3) SULLA VERIFICAZIONE.

La relazione definitiva depositata dal collegio dei verificatori non può essere posta a base di una decisione nel merito, se non del totale rigetto dell’appello proposto dal Ministero, in quanto viziata nel metodo e nel merito delle risultanze in essa contenute.

Oltre all’evidente mancanza di “terzietà” dei membri del collegio – tre dei quali in diretta sostituzione dei Ministri designati nella sentenza parziale  – si fa rilevare la carenza all’interno dello stesso collegio di tutte le professionalità necessarie a sviluppare una completa verificazione che potesse rispondere ai quesiti posti dal C.G.A..

Il metodo seguito dai Verificatori, inoltre, non è stato rispondente al mandato del CGA, ed invero, quanto risulta dalla relazione finale non è il prodotto di quanto appurato dai verificatori all’esito di misurazione in loco dei campi elettromagnetici irradiati contemporaneamente ed alla “massima potenza” dai sistemi MUOS, NTRF ed LF, nelle condizioni di effettivo funzionamento – come richiesto dal Collegio Giudicante – bensì l’esito di quanto è risultato dall’esame della documentazione fornita ai Verificatori dall’Ambasciata degli Stati Uniti d’America lo scorso 12.01.2016 – soggetto quest’ultimo tutt’altro che terzo nella vicenda in oggetto. Inoltre la suddetta verificazione è stata fondata anche sulle risultanze di misurazioni effettuate dall’ISPRA nel 2013, sui sistemi NRTF in banda HF e LF e quelle effettuate dall’ARPA Sicilia nel giugno 2014, anch’essi soggetti non terzi nella vicenda in oggetto, in quanto organi della Regione Siciliana, parte del processo.

Già le suddette carenze di “terzietà” del collegio dei Verificatori e il metodo seguito nei lavori di verificazione, non rispettosi del mandato del CGA, dovrebbero portare il collegio a considerare tamquam non esset le risultanze della Verificazione e quindi rigettare l’appello al quale si resiste.

Ma v’è di più.

Passando all’analisi della relazione finale, le risultanze della stessa non risolvono i dubbi del collegio giudicante in ordine ALL’ASSENZA DI QUALSIASI EFFETTO NOCIVO SULLA SALUTE UMANA delle emissioni elettromagnetiche, né sulla conformità di tali emissioni alla normativa in materia di tutela ambientale delle aree SIC, né sulla sicurezza del traffico aereo civile.

Di seguito analizziamo alcune palesi incongruenze e/o lacune ed omissioni delle risultanze della verificazione.

  1. Primo quesito del mandato: “Accerti il collegio dei verificatori quale sia l’effettiva consistenza e quali siano gli effetti, anche sulla salute umana, delle emissioni elettromagnetiche generate dall’impianto MUOS, quando funzionante, considerato sia isolatamente sia in cumulo con gli impianti di radiotrasmissione già esistenti e ricadenti all’interno del territorio siciliano potenzialmente suscettibile di essere investito dalle emissioni prodotte dal suddetto impianto.

In merito a tale primo punto il collegio dei verificatori intanto, come sopra esposto, non ha appurato l’effettiva consistenza delle emissioni elettromagnetiche generate dal MUOS, quando funzionante, bensì ha elaborato delle previsioni in base alla documentazione fornita dall’Ambasciata Statunitense e confrontato queste previsioni con le misurazioni  effettuate dall’ARPA Sicilia nel 2014.

Sui dati risultanti dalla documentazione fornita dall’Ambasciata USA il 12.01.2016 ci sono delle incongruenze.

Ed invero, la potenza massima di trasmissione per ciascuna delle tre parabole è fissata in 200 W, ma questo valore non coincide, ed è ben più basso, rispetto a quello indicato nel progetto originale dove è riportato  il valore di 1600 W. Tale valore è stato più volte ribadito e utilizzato in altre valutazioni effettuate nel corso degli anni.  Risulta evidente che l’utilizzo di un dato ben otto volte più basso rispetto a quello risultante nel progetto originale falsa tutti i risultati delle previsioni.

Inoltre, come risulta ben argomentato e dimostrato nelle osservazioni dei CCTTPP degli appellati (si veda pagg. 19 e 20 delle osservazioni dei CCTTPP), il valore di 1600 W è un valore ordinario per questo tipo di antenne destinate a trasmissioni satellitari, tanto che risulta addirittura codificato all’interno della normativa tecnica di riferimento ( norma CEI 211-7, paragrafo 7.5.4), considerando poi che le trasmissioni del MUOS in banda Ka sono in grado di gestire simultaneamente oltre 32 canali di comunicazione con modulazione WDCMA, la massima potenza di 1600 W corrisponde ad un potenza di 50W per canale (pag. 21 della relazione dei CCTTPP). Né può essere considerato fondato quanto assunto dai Verificatori secondo cui il dato di 1600 W sarebbe quello di massimo sopportabile dal feeder dell’antenna, ciò risulta errato, perché nelle comunicazioni dell’Ambasciata USA il dato di massima potenza sopportabile è indicato in 2000W.

Passando poi all’utilizzo da parte dei Verificatori delle misurazioni effettuate dall’ARPA Sicilia nel 2014, come è stato rilevato dai consulenti di parte, nelle loro osservazioni alla relazione di verificazione, depositata in atti, le misurazioni dell’ARPA sono state eseguite in assenza di un progetto previsionale, con l’impianto in fase di test, in condizioni di funzionamento del tutto dissimili a quelle previste in progetto e quindi non possono essere rappresentative delle effettive emissioni dell’impianto (si veda pag. 16 delle osservazioni dei CCTTPP degli appellati).

Quanto detto risulta confermato anche dalla relazione dell’ARPA riportata nel suo sito ufficiale “le misure di Arpa Sicilia trasmesse a tutti gli enti interessati non avevano la finalità di verifica e collaudo dell’impianto ma avevano lo scopo di garantire che durante le fasi di test delle antenne fossero rispettati i limiti normativi e di assicurare un’azione di costante vigilanza”, pertanto esse non possono in alcun modo fornire indicazioni utili sulle reali emissioni dell’impianto.

Tutto ciò vale di per sé a poter considerare INATTENDIBILI le risultanze della relazione di verificazione.

In secondo luogo il primo quesito del mandato prevedeva di individuare L’EFFETTIVA CONSISTENZA E … GLI EFFETTI, anche sulla salute umana, delle emissioni elettromagnetiche generate dall’impianto MUOS, QUANDO FUNZIONANTEconsiderato SIA ISOLATAMENTE SIA IN CUMULO CON GLI IMPIANTI DI RADIOTRASMISSIONE GIÀ ESISTENTI…” (sulla corretta applicazione del primo quesito v. testualmente pag. e del verbale n. 1 della seduta del 1° dicembre 2015, nel quale lo stesso Collegio precisa che “… circa l’effettiva consistenza il Collegio concorda che il termine EFFETTIVA sia indicativo del fatto che si richiede la valutazione di tali emissioni nelle condizioni di EFFETTIVO FUNZIONAMENTO DELL’IMPIANTO E NON QUINDI NELLE CONDIZIONI NOMINALI DI FUNZIONAMENTO” – Per converso, al relazione finale ha tenuto conto SOLO dei dati americani – SIC!).

Non risulta che i verificatori abbiano realizzato alcun modello né effettuato simulazioni dalle quali si possa desumere una qualche previsione del campo irraggiato relativamente alle altre antenne esistenti.

Inoltre, i dati USA trasmessi indicano in 19 le antenne operative in banda HF, (come indicato nella mappa pag. 28)  mentre ve ne sono 41. Ed ancora, i dati trasmessi rispetto alle antenne operanti in banda LF e HF sono incompleti (si veda pag. 24 e 25 delle osservazioni dei CCTTPP).

Infine, in riferimento sempre al primo quesito, si rileva che i verificatori non hanno ottemperato all’incarico nella parte in cui si richiedeva di appurare l’incidenza di tali emissioni sulla salute umana: i verificatori di sono limitati ad elaborare i valori di tali emissioni e a verificare che fossero nei limiti della normativa vigente.

  1. Riguardo al secondo quesito: “Se tali emissioni siano conformi o no alla normativa in materia di tutela dalle esposizioni elettromagnetiche di tutela ambientale delle aree SIC e di prevenzione antisismica.

Sul punto non è stata data dai verificatori una risposta adeguata.

E’ stato appurato che NON ESISTE ALCUN CERTIFICATO DI IDONEITÀ ANTISISMICA DELL’IMPIANTO.

Questa sola circostanza rende di per sé illegittima le autorizzazioni iniziali perché carenti di una certificazione essenziale.

Circa tale originaria carenza i verificatori non soltanto non fanno menzione alcuna, ma anzi, quasi a colmare l’assenza della certificazione antisismica, danno per buono quanto asseritamente dichiarato dall’Ambasciata USA, secondo la quale l’impianto si spegnerebbe “automaticamente” in caso di inclinazione delle parabole a meno di sei gradi.

Tale giustificazione non può certamente ed in alcun modo sopperire alla mancanza della certificazione di prevenzione antisimica.

Inoltre LA SISMICITA’ DELLA ZONA E’ UN FATTO INCONTROVERTIBILE: l’ultimo evento sismico risale al 5 febbraio scorso con un scossa di magnitudo 2.7 con epicentro a Niscemi (SIC!).

Con riferimento alla conformità delle emissioni alla normativa in materia di tutela dell’area SIC il collegio dei verificatori si è invece limitato a constatare che la normativa di riferimento non indica dei valori di riferimento.

In tal modo sostanzialmente i verificatori, da un lato non hanno risposto al quesito – eludendo per questo verso il mandato ricevuto da codesto C.G.A. – e dall’altro confermano, proprio per la mancanza di una normativa di riferimento che fissi limiti precisi, la piena applicabilità nella specie del PRINCIPIO DI PRECAUZIONE, ripetutamente più volte invocato da più parti nell’ambito del presente giudizio.

In proposito, con due recenti pronunce il Consiglio di Stato (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 6 febbraio 2015, n. 605; ide, Sez. V, 18 maggio 2015, n. 2495), ha precisato che “… l’applicazione del principio di precauzione postula l’esistenza di un rischio potenziale per la salute e per l’ambiente, ma non richiede l’esistenza di evidenze scientifiche consolidate sulla correlazione tra la causa, oggetto di divieto o limitazione, e gli effetti negativi che ci si prefigge di eliminare o ridurre” (in tal senso cfr. anche, Cons. Stato, Sez. V, 10 settembre 2014, n. 4588; idem, 11 luglio 2014, n. 3573) “… e comporta che quando non sono conosciuti con certezza i rischi connessi ad un’attività potenzialmente pericolosa, l’azione dei pubblici poteri debba tradursi in una prevenzione anticipata rispetto al consolidamento delle conoscenze scientifiche, anche nei casi in cui i danni siano poco conosciuti o solo potenziali (cfr. sul punto, da ultimo, Cons. Stato, Sez. IV, 11 novembre 2014, n. 5525).

Tra l’altro va evidenziato che con sentenza 15.5.2014 (Caso C-521/12), la Corte di Giustizia Europea ha fissato e ribadito l’esatta applicazione del principio di precauzione nell’ambito dell’attuazione dell’art. 6, par. 6, della Direttiva Habitat, precisando che l’ assenza di VINCA – come nella specie – impedisce oggettivamente  l’applicazione delle disposizioni di deroga previste dal medesimo art. 6, paragrafo 4, le quali devono essere  informate agli obiettivi di conservazione del sito (vedi relazione allegata alla richiesta EU Pilot 6730/14/ENVI, prodotta in atti).

Da ultimo, i CCTTPP (v. relazione finale Par. VII) hanno ampiamente comprovato la sussistenza di tali presupposti di rischio di danni per l’Area SIC “Sughereta di Niscemi” – fermi restando ovviamente i profili di illegittimità delle autorizzazioni a suo tempo rilasciate in violazione dei vincoli di inedificabilità assoluta insistenti sull’area considerata – onde si appalesa incontestabile ed indiscutibile l’operatività del principio di precauzione.

Per ciò che attiene alla EFFETTIVA TUTELA (lato sensu) ambientale delle aree facenti parte della Rete Europea Siti Natura 2000, non puo’ che ribadirsi in questa sede la gravissima violazione da parte del Governo Italiano delle prescrizioni di cui alla Direttiva Habitat 92743/CE., per cui lo Stato italiano è già stato assoggettato nel 2014 e nel 2015 a procedura EU PILOT da parte della Commissione Europea (Caso EU PILOT 6730/14/ENVI- v. documentazione prodotta in atti).

Ed invero non rilevare codesto C.G.A. la lampante “anomalia” del caso che ci occupa, nel quale il progetto dell’impianto MUOS, nonostante ricada in piena area SIC, è totalmente “legibus soluto” siccome privo ab origine di VINCA!

Il progetto dell’impianto avrebbe dovuto essere assoggettato alla procedura di VINCA, così da poter essere assoggettato per questa via al controllo di conformità da parte dell’Unione Europea in ordine all’attuazione della Direttiva Habitat da parte delle singole Regioni.

Ma ovviamente di ciò non c’è nessuna traccia!

Sulla sistematica violazione della Direttiva Habitat nell’ambito dei “siti militari” presenti in diverse Regioni italiane (tra cui la Sicilia), realizzata mediante esercitazioni militari in aree facenti parte dei Siti Natura 2000, si richiama quanto opportunamente evidenziato dalla Commissione Europea nell’allegato (pag. 12, punto 9) alla relazione della Commissione Europea nel procedimento EU PILOT 6730/147ENVI, trasmessa dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri nel marzo 2015 al Ministero dell’Ambiente (prodotta in atti).

  1. In riferimento al terzo quesito: “se le emissioni elettromagnetiche dell’impianto MUOS possano mettere in pericolo, tenendo conto della possibilità di un errore di puntamento delle antenne, la sicurezza del traffico aereo civile”.

I verificatori sul punto si limitano ad effettuare un raffronto tra le previsioni prodotte dal loro modello e l’intensità all’interno del fascio emesso dalle parabole MUOS con i livelli di immunità elettromagnetica vigenti per gli aeromobili civili, per appurare che non vengano superati i limiti.

Tale metodo è tuttavia scorretto (si vedano le osservazioni dei CCTTPP, par. VIII, p.46), in quanto il reale processo di collisione  con il fascio di microonde è dinamico e non statico. Inoltre, ci sono ancora degli aeromobili in uso certificati con la vecchia normativa per cui la soglia di immunità elettromagnetica in banda KA è dieci volte inferiore rispetto a quella attuale riportata nella relazione di verificazione ( pag. 43), quindi il pericolo per la sicurezza del traffico aereo è reale.

Da ultimo, ma non meno importante, è il rischio di interferenza sia dell’impianto NRTF sia MUOS con le apparecchiature elettromedicali  (per maggiori approfondimenti si vedano le osservazioni dei CCTTPP, par. V, pagg. 28 ss.).

In conclusione, ferme restando le eccezioni inerenti la mancanza di “terzietà” del Collegio di verificazione per la sua composizione, non v’è dubbio che da un lato l’errore nel metodo nei lavori di verificazione svolti – che non hanno avuto alla base accertamenti e rilevazioni effettuati in loco come disposto nella sentenza non definitiva n. 581/2015, ma si basano SOLO sulla documentazione proveniente da soggetti non disinteressati (USA), o parti processuali (ARPA e ISPRA) – e, dall’altro lato le risultanze della verificazione – le quali rivelandosi lacunose, insufficienti, in parte errate perché fondate su dati non certi e comunque “parziali” – postulano la piena applicazione nella specie del principio di precauzione.

4) Sempre preliminarmente RIESAME DELLE ECCEZIONI RIGUARDANTI LA LEGITTIMAZIONE DEL MINISTERO DELLA DIFESA, AFFRONTATE IN VIA INCIDENTALE DALLA SENTENZA PARZIALE DEL 3 SETTEMBRE 2015.

Al riguardo la sentenza, procedendo incidentalmente all’esame della questione, compie una serie di macroscopici errori che, comunque, riflettono un modus operandi seguito dal Collegio che ha formulato la Sentenza, poi perseguito, come si vedrà dal Collegio dei Verificatori: quello, cioè, di considerare provato quello che proveniva dalle dichiarazioni unilaterali da una delle parti in causa, e segnatamente il Ministero della Difesa ed il suo partner statunitense, che, invece, avrebbero dovuto essere oggetto di prova e di esame.

Nella specie il Collegio ha fatto dipendere la legittimazione:

  1. dal fatto che l’impianto sia votato ad attività NATO e, quindi, la sua realizzazione discenda dall’attuazione del Trattato Nord Atlantico;
  2. dal fatto che l’istallazione sia realizzata in attuazione di trattati internazionali dei quali il Ministero della Difesa è parte e garante;
  3. dalla proprietà dell’area di sedime e, conseguentemente di quanto realizzato in superficie:
  4. Dalla qualificazione contenuta nell’art. 233 del D.Lgs 66/2010 (Codice dell’ordinamento militare).

I quattro presupposti sono palesemente erronei.

Per quanto riguarda il primo che il Collegio fa dipendere da una risposta dell’Ufficio legislativo del Ministero della Difesa in risposta alla sollecitazione del TAR con ordinanza n. 1263 del 6 febbraio 2013 – Quindi, come detto sopra, da una dichiarazione unilaterale di parte che viene assunta come prova inconfutabile.

Il fatto che il MUOS non sia votato ad attività NATO, quantomeno in via esclusivamente, e che quindi la sua realizzazione non attenga all’attuazione del Trattato Nord Atlantico, è di palmare evidenza già solo per la sua collocazione posto che uno dei suoi terminali è realizzato in Australia che, notoriamente, non è paese NATO.

Se la realizzazione del sistema costituisse estrinsecazione degli obblighi di rafforzamento previsti dall’art. 3 del trattato non si spiegherebbe, quindi, il coinvolgimento di paesi estranei all’alleanza. Per contro, un recente articolo apparso sulla stampa che si allega  http://spacenews.com/u-s-policy-change-will-give-allies-access-to-muos/)  da notizia della concessione di canali di comunicazione MUOS a paesi “amici” fra i quali figurano anche il Giappone, la Corea del Sud e l’Australia stessa. Tutti paesi non Nato. Infine era documentata la sua classificazione come istallazione di uso esclusivo nell’accordo tecnico del 6 aprile 2006 (Technical Arrangement between the Ministry of Defence of the Italian Republic and the Department of Defense of the United States of America regarding the installations/infracstuture in use by the U.S forces in Sigonella, Italy).

Ciò fa riflettere sul fatto che la presenza dell’istallazione andrà ad influire anche  sugli assetti delle future alleanze. E’ di tutta evidenza che non possa essere considerato nemico o comunque non in posizione di alleanza un paese che condivide sistemi di comunicazione collocati sul nostro territorio. Tanto più che oggi non possono essere distinti sistemi d’arma da sistemi di comunicazione posto che gli armamenti interagiscono con i centri di comando attraverso detti ultimi.

Ciò rimanda ad altra questione obliterata dal Collegio e riguardante la seconda problematica. Vero è che il Ministero potrebbe agire in attuazione di trattati internazionali. Altrettanto vero è che tali trattati sarebbero illegittimi. Al riguardo il Collegio ha esaminato partitamente la questione riguardante la violazione degli artt. 80 e 87 della Costituzione che invece era strettamente collegato all’eccezione di carenza di legittimazione del Ministero. Il Collegio inoltre giunge ad una errata dichiarazione di non manifesta fondatezza riferendo la censura esclusivamente all’accordo tecnico ad uso Sigonella del 6 aprile 2006 (Technical Arrangement between the Ministry of Defence of the Italian Republic and the Department of Defense of the United States of America regarding the installations/infracstuture in use by the U.S forces in Sigonella, Italy).

Ora, è di palmare evidenza che la censura di violazione degli artt. 80 e 87 Cost. fosse riferita a tutti i trattati prodromici alla realizzazione di Istallazioni Fisse di uso esclusivo. E’ evidente, infatti, che il consentire la realizzazione di istallazioni militari fisse ad uno stato straniero e la scelta di quali istallazioni consentire sia una scelta di politica internazionale. Tanto più se l’impianto assentito sia un sistema globale di comunicazione attraverso il quale passano informazioni relative ad attività belliche sconosciute ed estranee al nostro stato e se questo possa essere co-utilizzato da potenze straniere con le quali non abbiamo nessun rapporto di alleanza bellica (quantomeno approvato dal Parlamento). Conseguentemente la mancata approvazione Parlamentare rende tali trattati se non nulli, quantomeno incompleti e quindi inefficaci e privi di esecutorietà. Tale illegittimità si chiedeva che fosse rilevata in via incidentale al fine di dichiarare la carenza di legittimazione del Ministero stante la carenza di efficacia dei trattati dai quali intendeva farla discendere.

A diversa soluzione non si giungerebbe nemmeno considerando le istallazioni necessitate dal Trattato NATO posto che il collegato trattato esecutivo, il NATO SOFA, prevede che la realizzazione di istallazioni fisse sia sottoposto al potere legislativo del paese ospitante.

Va infine rilevato che scindendo le due questioni e trattando separatamente la problematica della violazione degli artt. 80 e 87 della Costituzione il Collegio giunge ad un risultato giuridicamente abnorme. E’ evidente, infatti che qualificando l’accordo del 6 aprile 2006 (Technical Arrangement between the Ministry of Defence of the Italian Republic and the Department of Defense of the United States of America regarding the installations/infracstuture in use by the U.S forces in Sigonella, Italy) come semplice “accordo tecnico”, si sarebbe trattato di un semplice atto amministrativo del quale il giudice amministrativo avrebbe potuto giudicare la legittimità o meno rispetto ai parametri costituzionali ma non giudicare la manifesta infondatezza di una questione di legittimità costituzionale che rispetto ad un simile atto non potrebbe mai essere sollevata incidentalmente come avviene con gli atti di formazione primaria.

Sulla proprietà dell’impianto di trasmissione, si è già dimostrato che questa resta in capo alla Marina USA in forza dell’Accordo tecnico del 2006 che lo prevede espressamente. Mentre il suo uso risulta sempre disciplinato dagli accordi bilaterali assolutamente illegittimi. Conseguentemente anche la titolarità della proprietà del terreno  di sedime non corrobora la tesi della legittimazione del Ministero.

Quanto infine, alla qualificazione come opere per la difesa di quelle realizzate sul nostro territorio da Partner Nato, contenuta nell’art. 232 del D.Lgs 66/2010, si osserva che si tratta di un’equiparazione come chiarisce la stessa norma solo al fine dell’applicazione delle norme urbanistiche e di tutela ambientale (Il testo infatti recita: “Ai   fini   urbanistici,   edilizi,   ambientali   e   al   fine dell’affidamento ed  esecuzione  di  contratti  pubblici  relativi  a lavori,  servizi  e  forniture,  sono  opere  destinate  alla  difesa nazionale le infrastrutture rientranti nelle seguenti categorie: ……….

  1. t) attivita’ finanziate con fondi comuni della  NATO  e  da  utenti alleati sul territorio nazionale. “. Funzionalmente, ovviamente, non sono opere per la difesa nazionale ma opere per la difesa del paese proprietario secondo quanto stabilito dall’annesso “A” al Memorandum di intesa tra il Ministero della Difesa della Repubblica Italiana ed il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti D’America relativo alle installazioni/infrastrutture concesse in uso alle Forze Statunitensi in Italia del 2 febbraio 1995. Sia tale trattato che l’accordo tecnico del 2006 sono regolarmente versati in atti. Anche il richiamo all’art. 1  2 del Memorandum del 1995 è incongruente posto che contrasta con la qualificazione come uso esclusivo e con la natura stessa dell’istallazione che, come sistema di comunicazione globale non può essere limitato ai soli usi nato, tanto più che uno dei terminali è collocato in un paese estraneo alla NATO e che sussistono già accordi per la condivisione  delle linee di comunicazione con altri paesi non aderenti all’Alleanza Atlantica.

Correttamente inquadrata, l’eccezione di carenza di legittimazione attiva del Ministero merita dunque accoglimento.

5) SEMPRE IN VIA PRELIMINARE SI RITIENE OPPORTUNO FARE CHIAREZZA SULLA SCALA GERARCHICA NELLA QUALE SI PONGONO I VALORI COSTITUZIONALI COINVOLTI ED IN CONTRASTO NELL’ODIERNA VICENDA.

Tale precisazione si rende necessaria perché in più punti la sentenza parziale del 3 settembre 2015 dichiara che gli interessi della difesa con quelli all’Ambiente e alla Salute siano interessi di “pari dignità costituzionale” (si veda ad esempio paragrafo 22).

Si spera che tale valutazione non permanga nella decisione definitiva del Consiglio di Giustizia Amministrativa essendo palesemente erronea e smentita dalla legislazione vigente. Al riguardo vanno richiamati gli artt. 356 e 358 del D.Lgs 66/2010 il primo dei quali dispone che le opere militari realizzate in area protetta debbano sottostare alla normativa di difesa del paesaggio ed ambientale, mentre il secondo esenta da VAS solo i programmi di estrema urgenza. Vale la pena di ricordare anche l’Art. 366 rubricato sotto il titolo “Inquinamento elettromagnetico” che prevede che, ai sensi dell’ articolo 2, commi 3 e 4, legge 22 febbraio 2001, n. 36, nei riguardi delle Forze armate le norme di detta legge sono applicate tenendo conto delle particolari esigenze al servizio espletato, individuate con il decreto di cui all’articolo 4, comma 2, lettera a), della legge n. 36 del 2001.

Se quindi le normative ambientali e, a maggior ragione, quelle a tutela della salute vanno applicate salvo casi eccezionali, alle opere militari, ciò vuol dire che gli interessi protetti da tali norme siano in condizioni ordinarie da considerare sovraordinati rispetto a quelli che sovraintendono alla realizzazione di tali opere.

Nella specie, del resto nessuna ragione d’urgenza o altra circostanza straordinaria richiedeva ineluttabilmente la realizzazione dell’istallazione proprio all’interno della RNO “Sughereta di Niscemi”, in area SIC ed a poche centinaia di metri dall’Abitato di Niscemi. La materia del contendere non è se il Governo USA, seguendo la procedura degli accordi internazionali legittimi, come previsti dalla Costituzione, possa realizzare delle istallazioni militari in Italia, ma se nella scelta della localizzazione, nel caso particolare, del MUOS (scelta effettuata in tempo di pace e non necessitata da alcuna circostanza straordinaria) si sia tenuto debitamente conto della natura dell’area, dei vincoli ai quali è sottoposta ed alla vicinanza con il centro abitato e gli aeroporti, anche al fine di poter valutare collocazioni alternative. ( tra l’altro in conformità con quanto ci impongono i vincoli al rispetto della normativa ambientale europea)

La prevalenza della tutela del paesaggio ed ambientale, erroneamente tenuta in dispregio nella sentenza parziale (al punto da affermare al capitolo 26 “non si ritiene che la tutela del paesaggio e dell’ambiente, pur avendo uno straordinario rilievo, costituisca anche un valore assoluto, nel senso indicato dalla Legambiente, ossia sempre ed automaticamente prevalente su ogni altro valore costituzionale”) comporta, invece che applicando correttamente l’art. 232 del Codice delle Forze Armate, le opere di difesa, ove in contrasto con valori paesaggistici o ambientali di particolari aree protette, non possano essere realizzate in tali aree e collocate altrove.

Nella specie, tale valutazione di compatibilità doveva essere fatta durante il procedimento di rilascio delle due autorizzazioni ambientali nelle relative conferenze dei servizi da Enti, in gran parte, dotati di discrezionalità tecnica.

Tuttavia l’iter procedimentale di tali autorizzazioni risulta viziato, proprio nel processo logico di formazione delle valutazioni soggette a discrezionalità tecnica dalla mancata valutazione di due elementi di fatto che appaiono fondamentali.

Il primo, assolutamente macroscopico, ancorché assolutamente dimostrato ed incontroverso è che l’area interessata dal MUOS ricade all’ interno della zona A (zona B sino al 30.12.2009- giusto Decreto Assessoriale  del 30.12.2009-  in G.U.  n. 14 del 26.03.2009)   della riserva naturale orientata (RNO) denominata “SUGHERETA di Niscemi. Ne consegue che, da quella data, la norma speciale che disciplina quell’area anche sotto un profilo urbanistico è il regolamento della riserva.

Il detto regolamento per la zona A prevede:

TITOLO I

NORME PER LA ZONA A

Art.1 – Attività consentite

1.1 Nell’area della riserva, fatte salve le norme di cui al successivo art.2, è consentito:

  1. a) effettuare sugli immobili esistenti gli interventi di cui alle lettere a), b), c) e d) dell’art.20 della L.R. n. 71/78. Gli

interventi di cui alle lettere b) e c) sono sottoposti al parere dell’ente gestore; gli interventi di cui alla lettera d) sono

consentiti esclusivamente per le finalità di gestione e fruizione della riserva previo nulla osta dell’Assessorato reg.le

Territorio e Ambiente, sentito il parere del Consiglio Regionale Protezione Patrimonio Naturale (C.R.P.P.N.).

Il restauro, il risanamento conservativo e la ristrutturazione sono consentiti per volumi già esistenti e catastati, ovvero

per i ruderi catastati limitatamente ai volumi documentati;

  1. b) effettuare eventuali mutazioni di destinazione d’uso degli immobili oggetto degli anzidetti interventi solo se

strettamente funzionali al proseguimento delle attività ammesse o funzionali all’attività di gestione dell’area protetta e

previo nulla osta dell’Ente Gestore;

  1. c) effettuare interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria su strade, mulattiere e sentieri esistenti nel rispetto

delle attuali caratteristiche planoaltimetriche, tipologiche e formali, previo nulla osta dell’Ente Gestore;

  1. d) effettuare sugli impianti a rete esistenti interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, previo nulla osta

dell’Ente Gestore, con l’obbligo della rimessa in pristino dei luoghi, utilizzando a tal fine tecniche di rinaturazione;

  1. e) realizzare strutture mobili in legno o altro materiale naturale esclusivamente per le finalità di gestione, qualora

nell’area di riserva non vi siano manufatti da utilizzare a tale funzione, previo nulla osta dell’Assessorato, sentito il

parere del C.R.P.P.N.;

  1. f) esercitare le attività agricole e zootecniche esistenti (purché condotte a livello di impresa agricola e di insediamenti

civili ai sensi della normativa antinquinamento) ed effettuare mutamenti di colture nell’ambito delle coltivazioni

tradizionali della zona, in considerazione delle esigenze proprie dei cicli colturali. Eventuali trsformazioni di tipo

diverso, che possono modificare il paesaggio agrario caratteristico della zona e che comportino movimenti di terra,

dovranno essere sottoposte a preventivo nulla osta dell’ente gestore.

Il pascolo, compatibilmente con gli interventi di gestione naturalistica, è consentito nei limiti necessari ad assicurare il

mantenimento e/o il ripristino della copertura vegetale e la rinnovazione naturale.

L’esercizio del pascolo è sempre soggetto all’acquisizione del nulla osta dell’Ente Gestore, che fisserà limiti temporali

di zona e di carico di capi di bestiame distinti per specie;

  1. g) attuare opere di miglioramento fondiario anche di tipo strutturale previo nulla osta dell’Assessorato, sentito il

C.R.P.P.N. L’Assessorato, al fine di rilasciare il citato nulla osta, valuterà la compatibilità delle opere da realizzare con

i fini istitutivi della riserva, nonché sulla base dell’estensione e della produzione potenziale ed in atto del fondo. Le

nuove costruzioni, comunque, non potranno avere in nessun caso destinazione d’uso abitativa. Le istanze dovranno

essere inoltrate all’Assessorato per il tramite dell’Ente Gestore, che è onerato di formulare il proprio avviso circa gli

interventi proposti.

  1. h) effettuare interventi sui popolamenti forestali per finalità naturalistiche e per la costituzione di fasce antincendio,

fermo restando il divieto di aprire nuove piste di accesso con esclusione di interventi preventivi strutturali.

Gli interventi di ricostruzione del manto vegetale delle zone nude devono rispondere a criteri naturalistici, favorendo il

mantenimento e la diffusione degli attuali aspetti di macchia e boschivi.

Tutti gli interventi sono sottoposti a nulla osta dell’Ente gestore.

  1. i) effettuare interventi di rinaturazione e restauro ambientale, previo nulla osta dell’Ente Gestore;
  2. l) praticare l’escursionismo. Le escursioni a piedi sono libere, quelle a cavallo possono essere effettuate in percorsi

definiti e con l’eventuale limitazione della frequenza, al fine di evitare danneggiamenti all’ambiente e disturbo alla

fauna. L’Ente Gestore provvederà a regolamentare inoltre l’accesso alla riserva via mare. E’ fatta salva la facoltà

dell’Ente Gestore di fissare limiti e prescrizioni alle attività di fruizione, fino a precludere totalmente alcune aree alla

visita, per finalità di ricerca scientifica o di conservazione naturalistica;

  1. m) recintare proprietà esclusivamente con siepi a verde e/o materiali naturali, secondo l’uso locale;
  2. n) transitare con mezzi motorizzati sulla rete stradale esistente, con l’esclusione di mulattiere e sentieri, e accedere con

veicoli ai fondi serviti da pista per l’esercizio delle attività consentite. L’Ente Gestore potrà regolamentare e interdire del

tutto il traffico su qualunque arteria non di collegamento in considerazione di particolari esigenze gestionali e di tutela.

Art.2 – Divieti

2.1 Ferma restando l’osservanza dei divieti previsti dalla vigente normativa statale e regionale in materia di tutela dei beni culturali e ambientali e del paesaggio, di tutela del suolo, delle acque e dell’aria dagli inquinamenti, di forestazione e polizia forestale e di esercizio venatorio e fermi restando, altresì i divieti dei cui all’art.17 della L.R. 6/5/81 n.98 e

successive modifiche ed integrazioni, è vietato:

  1. a) realizzare nuove costruzioni ed esercitare qualsiasi attività comportante trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio, ivi comprese: l’apertura di nuove strade o piste, nonché la modifica planoaltimetrica di quelle esistenti, la costruzione di elettrodotti, acquedotti, linee telefoniche e di impianti tecnologici a rete. La realizzazione di elettrodotti, acquedotti, linee telefoniche e di impianti tecnologici a rete sotto traccia su strade preesistenti, potrà essere autorizzata dall’Assessorato Reg.le Territorio e Ambiente, sentito il parere del Consiglio Reg.le Protezione patrimonio Naturale (C.R.P.P.N.).

La realizzazione di nuovi sentieri, unicamente finalizzati alla fruizione, potrà essere prevista nel piano di sistemazione;

  1. b) la demolizione e ricostruzione degli immobili esistenti, fatta eccezione per i casi di comprovata precarietà, mantenendo la stessa cubatura e destinazione d’uso e nel ripristino degli tipologici e formali tradizionali, previo nulla osta dell’Ente Gestore;
  2. c) la collocazione di strutture prefabbricate anche mobili e di roulottes. E’ ammessa deroga unicamente a favore dell’Ente Gestore per le finalità di gestione, qualora non vi siano manufatti esistenti da destinare atale funzione, previo nulla osta dell’Assessorato Reg.le Territorio e Ambiente, sentito il parere del C.R.P.P.N.;
  3. d) danneggiare od occludere inghiottitoi e cavità naturali ed interrompere, anche solo parzialmente, eventuali emissioni fluide e/o gassose;
  4. e) aprire cave e miniere ed esercitare attività estrattive, nonché asportare materiale e scavare pozzi, realizzare opere di presa e distribuzione di acqua, cisterne, salvo che queste ultime non siano ad esclusivo servizio di abitazioni esistenti in zona A, previo nulla osta dell’Ente Gestore;
  5. f) esercitare qualsiasi attività industriale;
  6. g) realizzare discariche e qualsiasi altro impianto di smaltimento di rifiuti, nonché scaricare terra o qualsiasi altro materiale solido o liquido;
  7. h) eseguire movimenti di terreno, salvo che per motivi connessi ad attività consentite dal presente regolamento. La realizzazione di scavi ed opere sotterranee è sottoposta a parere dell’Ente Gestore per verificare l’integrità degli ambienti sottostanti; i) asportare o danneggiare rocce, minerali, fossili e reperti di qualsiasi natura, anche se si presentano in frammenti sciolti superficiali, salvo per motivi di ricerca scientifica a favore di soggetti espressamente autorizzati con apposito disciplinare dell’Ente Gestore;
  8. l) introdurre armi da caccia, esplosivi e qualsiasi altro mezzo di cattura o di danneggiamento degli animali;
  9. m) esercitare la caccia e l’uccellaggione e apportare qualsiasi forma di disturbo alla fauna selvatica; molestare o catturare animali vertebrati o invertebrati; raccogliere, disturbare o distruggere nidi, uova, tane e giacigli, salvo che per motivi connessi ad attività consentite dal presente regolamento, previa autorizzazione dell’Ente Gestore;
  10. n) distruggere , danneggiare o asportare vegetali di ogni specie e tipo, o parti di essi, fatti salvi gli interventi connessi con lo svolgimento delle attività consentite dal presente regolamento, previa autorizzazione dell’Ente Gestore. La raccolta di funghi e frutti di bosco potrà essere regolamentata dall’Ente Gestore in ordine a tempi, quantità e specie;
  11. o) alterare l’equilibrio delle comunità biologiche naturali con l’introduzione di specie estranee alla flora e alla fauna autoctone.

L’eventuale reintroduzione di specie scomparse dovrà essere autorizzata dall’Assessorato re.le Territorio e Ambiente previo parere del C.R.P.P.N.;

  1. p) impiantare serre;
  2. q) introdurre e impiegare qualsiasi mezzo di distruzione e di alterazione dei cicli biogeochimici;
  3. r) abbandonare rifiuti al di fuori degli appositi contenitori;
  4. s) allontanarsi da percorsi appositamente predisposti;
  5. t) praticare il campeggio e il bivacco;
  6. u) Accendere fuochi all’aperto. I proprietari di fondi che per mancanza di viabilità carrabile devono procedere all’abruciatura di residui all’interno dell’area di riserva (zona “A”) dovranno avvisare preventivamente l’Ente Gestore, il quale è onerato di attuare il controllo e definire le modalità esecutive caso per caso;
  7. v) svolgere attività pubblicitaria, organizzare manifestazioni folcloristiche e sportive non autorizzate dall’Ente Gestore;
  8. z) sorvolare con velivoli non autorizzati, salvo quanto definito dalle leggi sulla disciplina del volo e per motivi di soccorso e vigilanza;
  9. aa) Esercitare attività sportive che compromettano l’integrità ambientale e la tranquillità dei luoghi, quali automobilismo, trial, motociclismo, motocross, deltaplanismo etc.;
  10. bb) Usare apparecchi fonoriproduttori, se non in cuffia, salvo che nei casi di ricerca scientifica, servizio, vigilanza e soccorso;
  11. cc) Trasportare armi di qualsiasi tipo, se non scariche e chiuse in apposita custodia. E’ fatta eccezione solo per motivi di difesa personale e con la prescritta specifica autorizzazione dell’autorità di P.S.;
  12. dd) Attuare interventi che modifichino il regime, il corso o la composizione delle acque, fatte salve le esigenze di attività agricole previamente autorizzate dall’Ente Gestore, nonché di difesa antincendio;

2.2 Le deroghe concesse dall’Ente Gestore ai sensi del presente articolo dovranno essere specifiche, nominative e a termine.

L’esame di tale normativa rende evidente che l’opera in oggetto i cui lavori sarebbero dovuti iniziare nel 2011 dopo le autorizzazioni (giugno), benché sia fotograficamente documentato che iniziarono ben prima,  era, alla data del rilascio delle autorizzazioni assolutamente vietata in zona “A” e quindi, nel rispetto dello stesso articolo 232 del D.lgs 66/2010 (Codice delle Forze Armate) non realizzabile in tale area.

Al riguardo va inoltre considerato che l’autorizzazione paesaggistica e quella rilasciata dall’ente gestore del parco, entrambe antecedenti alla riperimetrazione (2008) avevano perso efficacia in ragione di tale provvedimento che comporta l’automatica decadenza di tutte le autorizzazioni rilasciate per le quali i lavori non siano stati ancora eseguiti. In sede di conferenza dei servizi si sarebbero dovuti acquisire nuovi nullaosta. Cosa nella specie non avvenuta.

E’ certamente sussistente, quindi, il vizio di violazione del regolamento della riserva, proposto come motivo di ricorso principale ed oggi riproposto come appello incidentale sia da Legambiente che dal Comune di Niscemi. Tale vizio non è stato oggetto d’esame in sede di Sentenza Parziale che sullo stesso nulla ha deciso (esaminando la validità dell’autorizzazione paesaggistica per altri aspetti).

Si insiste, pertanto sull’accoglimento di tale capo dell’appello incidentale proposto da Legambiente e dal Comune di Niscemi che avrebbe valore assorbente rispetto ad ogni altra questione portando all’annullamento di entrambe le autorizzazioni.

Al riguardo si fa presente che la recente sentenza della Cassazione Penale che ha rigettato il ricorso dell’Avvocatura dello Stato contro la decisione del Tribunale del Riesame di Catania che aveva confermato il sequestro imposto sulle opere del MUOS dal GIP del Tribunale di Caltagirone ha dovuto esaminare anche dei motivi aggiunti formulati dalla stessa Avvocatura dello Stato a seguito della Sentenza parziale del CGA del 3 settembre 2015 e quindi ha valutato che fossero disapplicabili le autorizzazioni tornate efficaci in forza della citata sentenza parziale verosimilmente proprio in considerazione del fatto che le opere fossero collocate in area di assoluta in edificabilità al momento della loro realizzazione a causa della richiamata perimetrazione in zona “A”.

Il secondo macroscopico errore era invece contenuto proprio nel famoso studio dell’Università di Palermo redatto dai Prof. Livreri – Zanforlin che, oltre ad una serie di inesattezze tecniche (riscontrate dal Verificatore in primo grado Prof. D’Amore), si basava sul presupposto dichiarato che la realizzazione del MUOS avrebbe condotto alla dismissione delle 46 antenne esistenti del sistema NRTF (8)

Tale errore non vizia esclusivamente lo studio stesso ma si ripercuote sull’operato di tutti gli Enti, muniti di discrezionalità tecnica, che hanno contribuito al rilascio delle autorizzazioni.

Al riguardo può ben immaginarsi quanto possa avere influito l’idea che non si cumulassero gli effetti dei due sistemi o che venisse liberata l’area oggi occupata dalle antenne NRTF (L’intera base ha una superficie di 1.660.000 metri quadri) restando esclusivamente quella occupata dal MUOS (ciò anche ai fini di una valutazione paesaggistica).

Che il predetto studio prodromico fosse erroneo è stato ampiamente confermato dalla verificazione svolta in primo grado (sul punto non oggetto di smentite) ed oggi, anche  processualmente, dal fatto che nella stessa sentenza parziale del 3 settembre 2015 si sia sentita la necessità di chiedere ai Verificatori di misurare e valutare gli effetti del cumulo fra le emissioni dei due sistemi NRTF/LF e MUOS.

Si richiamano, inoltre, tutti i vizi anche procedurali del procedimento in conferenza dei servizi come richiamati negli appelli incidentali del Comune di Niscemi e di Legambiente.

In considerazione di tutto quanto sopra, chiarito che le autorizzazioni sono viziate da macroscopici difetti istruttori, ci si chiede in base a quale iter logico  i redattori della sentenza parziale del 3 febbraio 2015, che si soffermano sui presunti difetti istruttori delle revoche/annullamenti del 29 marzo 2013 annullandole per carenza d’istruttoria, non abbiano altrettanto logicamente  provveduto  a dichiarare l’annullamento delle autorizzazioni dell’1 e 28 giugno 2011.

Mentre il vizio derivante dalla perimetrazione in zona A della riserva sembra non essere stato nemmeno colto o valutato, altrettanto non può dirsi del secondo rispetto al quale è stata disposta nella verificazione la misurazione dei due sistemi di trasmissione insieme, proprio sul presupposto, dobbiamo immaginare, che in sede autorizzatoria tale valutazione non fosse stata compiuta. Stranamente, per contro, sembra che tramite la verificazione si voglia tentare un’improbabile sanatoria dei vizi delle autorizzazioni.

Per contro i predetti vizi istruttori determinano l’annullabilità delle autorizzazioni stesse senza necessità di alcun altro accertamento e sono immediatamente percepibili indipendentemente da qualsiasi valutazione affidata ai verificatori.

Ciò in quanto l’accertamento dell’illegittimità delle autorizzazioni sia per violazione del regolamento della riserva, sia per vizio di istruttoria sarebbero assorbenti rispetto a qualsiasi altro vizio, compreso quello di violazione del principio di precauzione alla cui valutazione è volta la verificazione oggi disposta.

Precisando che, data la sottoscrizione congiunta della presente memoria da parte di molteplici difensori in rappresentanza di più parti processuali, è indiscutibile il rispetto del principio di sinteticità degli atti processuali, si insiste nelle difese tutte già spiegate confidando nel rigetto dell’appello principale del Ministero della Difesa e chiedendo che codesto Decidente consideri la verificazione tamquam non esset.

Palermo, 15 febbraio 2016.

Avv. [………..]

Fonte:

http://www.lurlo.info/it/le-mamme-no-muos-depositano-esposto-alla-procura-della-repubblica/

daniela giuffrida

Autrice - International Member – GNS PRESS ASSOCIATION Scrittrice e Blogger freelance. Collabora con alcune testate on-line nazionali e siciliane. Attivista No Muos. Di cuore siciliano, instancabile attivista e documentarista delle lotte sociali, degli accadimenti della propria terra e non solo.

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