IRPINIA – STRANO ANNO QUEL 1980

Di Daniela Giuffrida

 

Studiavo legge a quel tempo, ed ero una studentessa “modello” in regola con i miei esami, sarei diventata un “magistrato giudicante”, un giudice. Ero davvero convinta: sarei stata un giudice serio e incorruttibile, sarei riuscita ad essere giusta e assolutamente super partes. Poi fu il 1980.

Già quel 2 agosto avevo evitato per un soffio di ritrovarmi alle 10.25 presso la stazione di Bologna. Due mie amiche ed io avevamo organizzato per la sera del 1° agosto la partenza da Catania per una gita a Parigi ma una mia brutta febbre ed una lunga convalescenza, ci convinsero a partire un giorno dopo e così evitammo di restare coinvolte in quel disastro: il nostro treno, il 3 mattina, si trovò dirottato fuori dalla stazione di Bologna, su una linea di emergenza. Ricordo che l’idea di quelle 85 persone “ammazzate” solo perchè si trovavano in quel luogo nel momento sbagliato e quegli oltre 200 feriti che piano affioravano e venivano estratti dalle macerie della stazione bolognese, mi avevano colpita profondamente e, rientrata da Parigi, mi iscrissi immediatamente al corso per entrare a far parte del Corpo dei Volontari del Soccorso di Croce Rossa.

Le lezioni erano interessanti e procedevano regolarmente: il nostro impegno sociale era intriso di leggerezza, serenità e allegria come solo quello dei ventenni sa essere. Poi arrivò novembre e la vita di quei ventenni subì un bruttissimo colpo.

La sera del 21 novembre, a Lamezia Terme, fra le stazioni di Curinga (provincia di Catanzaro) ed Eccellente (provincia di Vibo Valentia), un treno merci in corsa, sembra proveniente da Catania, a causa della rottura di un gancio di trazione, perse alcuni vagoni che si sganciarono e si fermarono lungo la linea ferroviaria. Sopraggiunse un treno passeggeri che impattò violentemente contro i vagoni fermi e deragliò occupando l’altro binario. Qualche minuto dopo un altro treno passeggeri, che proveniva dalla direzione opposta, si schiantò contro i resti del primo impatto, precipitando in una scarpata. Ci furono oltre un centinaio di feriti e 28 morti, fra questi Alberto Antonucci, fratello di un Volontario e Volontario anch’egli. Due sere dopo, mentre alcuni Volontari vegliavano in chiesa la salma del giovane Antonucci, 2.914 persone perdevano la vita, in pochi istanti, sotto il crollo di case, chiese e cascine, in terra d’Irpinia.

Eravamo a Messina alle 19.30 di quella sera, il mio fidanzatino di allora ed io, quando sentimmo tremare la terra: fu una scossa forte “decisa” e prepotente sotto i nostri piedi, ricordo che ci guardammo negli occhi lui ed io e poi, senza dire una sola parola, di corsa raggiungemmo la nostra auto.
Tornammo velocemente a Catania convinti che quella scossa provenisse dall’Etna e temendo il peggio, ma non era così: a casa era tutto tranquillo. I miei genitori seguivano in tv il telegiornale della sera ma vi erano poche notizie su quel forte tremore che avevano avvertito distintamente anch’essi. Qualcosa era accaduto in centro Italia, qualcosa di molto grave: certamente un terremoto ma era un 
susseguirsi di notizie incerte su dove il sisma si fosse verificato, i collegamenti erano interrotti e non arrivavano immagini. Poi, le edizioni straordinarie dei telegiornali cominciarono a susseguirsi e pian piano la gravità di quanto accaduto cominciò a venir fuori: era spaventoso!  

Il giorno dopo seppi che quella notte un’ autocolonna tutta siciliana, messa insieme in pochissime ore dalla Centrale Operativa della CRI di Catania, era partita immediatamente verso il centro Italia.

Marcello Giuffrida, “comandante” dei VDS CRI di Catania, basandosi su una segnalazione di “allarme” giunta in sede da un volontario radioamatore e su una richiesta di soccorso raccolta da altro VDS CRI radiamatore anch’egli, aveva deciso di non aspettare disposizioni dal Comitato Centrale e di “muoversi” immediatamente. Quando da Roma, finalmente, giunse l’autorizzazione a partire, l’autocolonna (tre ambulanze da Catania e una da Siracusa), era già giunta nei pressi di Potenza e poi fu Balvano e Muro Lucano.

Compiva gli anni quel giorno IW9ASW, sigla radio del VDS A. Coco, che aveva deciso di restare in casa e di non festeggiare quel compleanno: era come se avesse avvertito nell’aria strani segni premonitori di quanto stava per accadere.

Era tranquillo, dunque Alfio Coco, presso la sua stazione radio quando arrivò quel segnale, una richiesta di aiuto da un radioamatore calabrese, attraverso il ripetitore VHF di Pizzo Calabro. Questi parlava di forti scosse, di gravi danni, di confusione e riusciva soltanto a chiedere aiuto ma non era raggiungibile in alcun modo: le linee telefoniche erano tutte interrotte e i segnali radio erano solo in uscita. Quel volontario fece subito in modo da organizzare, attraverso un ponte radio precario ma efficientissimo, i collegamenti con l’autocolonna CRI catanese che potè così ricevere indicazioni dalla centrale operativa di Catania. Non vi erano cellulari a quel tempo.

Tutto il resto è storia.

Fu un inverno molto rigido quell’anno in Irpinia e le attività dei volontari che si alternavano nel campo gestito dai Catanesi, a Muro Lucano, sempre più dure e difficili, ma la macchina dei soccorsi CRI non si fermò un attimo, alimentata dal calore umano, dalla buona volontà e dai “cordiali” offertici dagli uomini dell’Esercito. Uomini e donne, giovani e meno giovani provenienti da tutta Europa e dagli Stati uniti, insieme a tutti gli altri volontari, civili e militari, a tutti gli uomini delle forze armate e dei Vigili del Fuoco non smisero un attimo di lavorare e per giorni recuperarono persone vive e non, da sotto le macerie. Quel sisma costò 2.914 morti, 8.848 feriti e 280.000 sfollati oltre a danni a cose e animali per miliardi di lire. 

Di quei due uomini che tanto hanno fatto quella notte, Marcello Giuffrida è volato via a 55 anni, il 4 giugno del 2004, dopo una vita intera trascorsa al servizio degli altri, mentre IW9ASW, quel Volontario che aveva ricevuto l’allarme, qualche anno dopo (dopo aver vinto ben due concorsi) entrò a far parte del Corpo Militare della CRI, una delle componenti dell’Associazione umanitaria. Coco partecipò a diverse missioni di pace all’ estero, dalla “Arcobaleno” in Kosovo, alla “Antica Babilonia” in Iraq, dalla Macedonia allo Srj Lanka dove un incidente in servizio gli creò non pochi problemi (interventi, lunghe degenze e quant’altro); divenne, quindi, maresciallo luogotenente del Corpo Militare della CRI per essere infine “sfrattato” vergognosamente dal Comitato Centrale in seguito alla privatizzazione della CRI e al conseguente scioglimento del Corpo Militare.

“Dismesso”, dunque, insieme a centinaia di altri militari CRI specializzati in emergenze e Protezione Civile, è stato collocato presso un altro Ministero. Tutti quegli uomini esperti di primo soccorso in casi di calamità e di protezione civile sono stati assorbiti da altri Ministeri che della loro preparazione e della loro esperienza, acquisita in anni di attività umanitaria “sul campo”, nessun giovamento possono trarre.

Ma questa è un’altra storia!

Si, volevo fare il magistrato ma, tornando da Muro Lucano, mi resi conto che la mia vita era cambiata, si era colorata di rosso e aveva assunto la forma di una croce: una croce rossa sul fondo bianco di una innocenza persa fra quelle fosse comuni che potei toccare con mano solo dopo alcune settimane dalla loro composizione, quando finito il corso teorico potei raggiungere l’Irpinia. 

La vita e il tempo trascorso in CRI in oltre 25 anni di volontariato, mi avrebbero insegnato, che di quel rosso sangue, ricco di gratificazioni interiori, si può vivere ma si può anche morire e si muore ogni volta che la tua buona volontà e la tua buona fede entrano in collisione con un rifiuto ingiusto, un desiderio tradito, una cattiveria gratuita; ogni volta che guardi negli occhi un bisogno inascoltato, una fragilità ignorata, la disperazione più cupa ma, soprattutto, muori ogni volta che riconosci la tua impotenza di fronte all’indifferenza altrui davanti a tutto questo. 

………………………………..

Grazie ai cari amici Tuccio Nobile (sue le foto e il valido aiuto nel ricostruire quella notte) e Giampiero Marchese, mentre ad Alfio Coco, IW9ASW, padre di mia figlia, buon compleanno.

 

daniela giuffrida

Autrice - International Member – GNS PRESS ASSOCIATION Scrittrice e Blogger freelance. Collabora con alcune testate on-line nazionali e siciliane. Attivista No Muos. Di cuore siciliano, instancabile attivista e documentarista delle lotte sociali, degli accadimenti della propria terra e non solo.

Lascia un commento