FIRENZE: RAGAZZE, GENDARMI E OLTRE

Di Giovanni Iannello Leone

Dal fatto delle due giovanissime ragazze statunitensi e dei due Carabinieri, accaduto a Firenze e ben oltre questo e dal clamore seguito (talora morboso e pregiudizievole di opposte fazioni), credo possiamo trarre alcune riflessioni.

Mi sembra chiaro che la responsabilità è individuale e che quella di gruppi e sottogruppi può essere evocata (con molta prudenza e con riferimenti ben precisi) solo se in qualche modo “spinga” o “taccia”. Il che certamente non è in questo caso. Nessuna accusa collettiva verso l’Arma dei Carabinieri (ma poteva essere qualsiasi altra forza di polizia) mi pare ragionevolmente possibile. Per lo stesso motivo non credo serva solidarietà all’Arma: rispetto a che? Rispetto a quale accusa? Una simile solidarietà sembrerebbe “pelosa”, un po’ ossequiosa e fuori luogo, un po’ troppo servile.

Il guardare l’Arma con un certo grado di fiducia, ma comunque in modo normale, rimane l’approccio più ragionevole e tutto sommato più giusto (né “fede cieca” né “astio preconcetto”). Aggiungo che socialmente serve (e va meritato) il guardare con una certa buona dose di fiducia verso le forze di polizia (tutte), così come verso le Istituzioni in generale.  A livello personale aggiungo che ho un discretamente alto livello di fiducia verso le uniformi ed ho insegnato ai mie figli a rivolgersi a loro con fiducia nei momenti di difficoltà.
È fondamentale per il tessuto connettivo di una società, per poter vivere uno accanto all’altro senza dormire con la pistola sotto il cuscino.
Ma la fiducia – per quanto mi concerne – non è “Statolatria” o da dare “a prescindere”; è Statualità, senso delle Istituzioni anch’esse soggette a regole, è funzionale e strumentale al fatto concreto che la fiducia deve poter essere data: quindi va meritata!
Chiaro che se c’è una colpa collettiva di un Corpo o se avvengono frequentemente fatti gravi da parte di suoi gruppi e singoli esponenti, la fiducia viene meno. Per la colpa collettiva certamente non basta che due singoli si macchino di un comportamento grave per vari aspetti.
Nel caso concreto osservo che i fatti indicano non due, ma tre livelli di colpa possibili (da provare!): non solo il giudizio esecrabile disciplinarmente (che tra l’altro appare assodato) e il giudizio penale della violenza sessuale, aggravata dalla veste e da posizione “dominante” (tutto da provare e che spero sinceramente venga provatamente e indubitabilmente archiviato per insussistenza del fatto, perché se così non fosse, ne usciremmo comunque tutti male, non solo i due gendarmi).
Non solo queste due ipotesi di varia gravità.
C’è anche un terzo livello di colpevolezza, più sfumato e subdolo: quello dato da più concause. Un primo gruppo di concause che vede il fatto come forzato in parte (stimolato) da donne giovanissime e un po’ “inebriate” (alcol, situazione di eccitazione dal salire in una particolare macchina accanto a due particolari uomini, con tutti i segni che esprimono veicoli di polizia, uniformi e differenza di età); un secondo gruppo di concause che vede i due uomini (anch’essi “inebriati”) forzare la situazione (ad un livello che è forza, spinta, plagio, ma non ancora violenza), approfittando coscientemente da posizione dominante con quegli stessi segni che abbiamo visto dal punto di vista delle ragazze.
Questo, lungi dalla stupida affermazione del “consenso implicito” e del “se lo sono cercato”, che porta a colpevolizzare le donne, al contrario, conduce  ad una terza ipotesi di possibile colpevolezza dei due gendarmi e, astraendosi dallo specifico evento, di chiunque indossi una uniforme. Infatti, chi indossa una uniforme è soggetto ad ulteriori (giuste) richieste di doveri pubblici, tra cui quello di resistere al flusso di testosterone, alla cultura oltremodo “machista” che permea un po’ i corpi militari e di polizia e che, verosimilmente, non possiamo più permettere e permetterci.
Credo proprio che non possa avere spazio né consenso culturale il fatto che “l’occasione fa l’uomo ladro”; non comunque se si indossa una divisa.
Un percorso non facile. un percorso che, senza mortificare il “maschile”, eviti il “machismo” e punisca esemplarmente l’Orco, quando c’è.

daniela giuffrida

Autrice - International Member – GNS PRESS ASSOCIATION Scrittrice e Blogger freelance. Collabora con alcune testate on-line nazionali e siciliane. Attivista No Muos. Di cuore siciliano, instancabile attivista e documentarista delle lotte sociali, degli accadimenti della propria terra e non solo.

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